Autostop con Buddha by Will Ferguson

Autostop con Buddha by Will Ferguson

autore:Will Ferguson
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2015-02-05T05:00:00+00:00


La maggior parte degli occidentali si fa trascrivere il suo nome in semplici caratteri fonetici kana, ma il mio inkan era scritto in autentici ideogrammi cinesi e riscosse grande successo. I due agenti si fecero avanti per cercare di decifrarlo. Il mio inkan era stato concepito da un impiegato della prima scuola in cui avevo insegnato, usando simboli che grossomodo corrispondessero alle sillabe del mio cognome. Io in realtà propendevo per Fugusan (Il Signor Pesce Palla), ma il mio supervisore pensava che fosse sconveniente per un insegnante. Alla fine il mio inkan è composto dalle iniziali in caratteri kanji della parola Fuji, più l'iniziale di Aso (il monte Aso, un vulcano di Kumamoto), più ga (me), più son (villaggio), che messi insieme fanno FujiAsoMeVillaggio, o Fuagason. Non appena gli agenti l'ebbero decifrato ed ebbero stabilito la connessione con Ferguson, si misero a sorridere con aria d'approvazione, facendomi i complimenti. Poi all'improvviso gli tornò in mente che ero un pericoloso criminale straniero, si ricomposero e tornarono seduti alle rispettive scrivanie.

Il Vecchio Stanco mi concesse di finire il mio tè con i biscotti, dopodiché lui e il suo odioso collega mi diedero un passaggio fino all'uscita successiva dell'autostrada. Era il mio primo, e spero ultimo, viaggio sul sedile posteriore di un'auto della polizia. Mi mollarono su una strada secondaria e dopo un paio di inchini di cortesia e un ultimo, ridicolo sguardo minaccioso da parte del prepuberale agente Faccia da Schiaffi, tornai un uomo libero.

E a quel punto mi resi conto, come in un lampo, in un sussulto d'orgoglio incontenibile, che ero riuscito a farmi dare un passaggio dalla polizia autostradale giapponese.

Probabilmente ero la prima persona al mondo ad aver tentato una tale impresa ed esserne uscito vivo.

Esaminiamo bene i fatti: con un segno del pollice avevo fatto fermare un'auto della polizia, loro mi avevano offerto dal tè, quattro chiacchiere in compagnia, dopodiché mi avevano accompagnato per una quindicina di chilometri nella direzione in cui io ero diretto e tanti saluti. Non è autostop questo? Se loro ci avessero fatto caso, probabilmente mi avrebbero depositato nell'esatto punto in cui mi avevano trovato. Invece no. Loro avevano infranto la legge. Avevano caricato un autostoppista. Avevo vinto io.

Di quel pezzo di carta che conteneva il rapporto del mio arresto avevo in mente di ricavare una bella pallina per fare canestro in un cestino, ma subito mi ravvidi. Quella copia in carta carbone che avevo in tasca era un trofeo da fare incorniciare. Dovrei mandare a quei due una lettera di ringraziamento, pensai. Magari insieme a della crema antibrufoli per il ragazzo, ah ah. Mi abbandonai a una piccola danza della vittoria e cacciai qualche urletto di gioia.

E a questo punto mi accorsi che non avevo la minima idea di dove fossi.

Campi erbosi, selciato sgretolato e gibboso. Qualche fattoria qua e là e il profilo delle montagne in lontananza, basse sull'orizzonte. Tutto qua. Non avevo idea di dove fossi né verso quale città stessi puntando. Mi misi a consultare forsennatamente il mio atlante stradale, quando



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